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I pesci non hanno gambe di Jón Kalman Stefánsson
“Un uomo dev’essere provvisto di due cose per mantenersi abbastanza saldo sulle proprie gambe, per camminare a testa alta, per conservare lo scintillio dello sguardo, il vigore del cuore, la musica del sangue – una schiena forte e lacrime.â€
“Chi non prova nessun dolore o emozione di fronte all’esistenza ha il cuore freddo e non ha mai vissuto – devi essere riconoscente per le tue lacrime.â€
Nell’accuratissima traÂduÂzione dall’islandese di SilÂvia CosiÂmini, Iperborea pubblica il nuovo romanzo di Jón KalÂman SteÂfánsÂson, ambienÂtato, come i suoi preÂceÂdenti, in un’Islanda distante, impietosa, fra brughiere inospitali, montagne “con le loro rose antiche, i ghiacciai†e frastagliate distese di lava nera “che a volte sembra un’idea partorita dal diavoloâ€. Dove il mare dà e prende, sovrastando ogni cosa con la sua forza immensa.
“Allora questa è l’Islanda, nient’altro che uno spettacolo della natura, aria immobile, cielo azzurro, e cavalli docili.â€
Come in altri precedenti romanzi, Stefánsson non può prescindere dalla Natura, dallo stretto rapporto con la terra, il mare, il cielo. Vulcani, fiordi, mari e coste d’Islanda, il clima che non segue mai una logica fissa, la lotta per la sopravvivenza contro una natura esigente sono elementi così potenti che forse per uno scrittore è impossibile non parlarne.
I pesci non hanno gambe è certamente un romanzo autobiografico. Ari, il protagonista, ha esattamente l’età dell’autore e le sue vicende, intrecciate a quelle di una grande famiglia islandese, si dipanano per mezzo secolo, attraverso vicissitudini e spostamenti che molto somigliano a quelli che si leggono nella biografia di Stefánsson, che è stato, prima di essere scrittore di romanzi, professore, bibliotecario e poeta, postino, pescatore, lavorante in un macello e perfino, come Àsmundur nel romanzo, ufficiale di polizia all’aeroporto internazionale di KeflavÃk.
La trama è difficilmente sinÂteÂtizzabile, tanti sono i personaggi e le epoche inanellate fra loro. Il racconto ha un andamento sinuoso, con salti temporali e quadri staccati: affidato ad un narratore esterno/interno, cugino del protagonista e perciò coinvolto nella saga famigliare, spazia, in un insistente à rebour, nell’arco di un centinaio di anni e di tre generazioni, ambientato in due località opposte della cartina geografica, KeflavÃk, nell’Islanda occidentale affacciata sull’atlantico – “il posto più nero del paeseâ€, dove tre sono i punti cardinali: “il vento, il mare e l’eterno†-, abitata per lo più da pescatori e commercianti di pesce, e Norðfjörður, nei fiordi orientali, dove sono collocati gli eventi più remoti, che coinvolgono la generazione dei nonni.
Tante sono le immagini e i racconti, fra uomini in mare (pur incapaci, molti di loro, di nuotare), donne che restano a casa, a tirar su i figli e a vivere la propria disperata solitudine in giorni uguali uno dopo l’altro, e l’esercito americano, il “quarto punto cardinale†di KeflavÃk, arrivato con il suo carico di Coca-Cola, M&Ms e altre merci preziose e mai viste. “È nella gente comune che si nasconde ciò che comune non è: i sogni più grandi e i dolori più profondi.â€, disse Stefánsson in una intervista rilasciata tempo fa, e comuni sono i suoi personaggi, ma a volte straordinari, come il pescatore-poeta Kristján che a memoria scandisce antiche strofe, “snocciolandole con un tono particolare, un miscuglio di monotonia e forte immedesimazione†mentre pulisce e decapita il pesce, ne pressa e sala i filetti, riunisce a mazzi le teste. I fili dei destini incrociati si rianÂnoÂdano nelle storie che hanno per protagoniste le donne, che, troppo spesso trascurate e svalorizzate, sanno intrecciare fra loro passione e compassione. “Il mare ci rende uomini, ma la terraferma è per voi signore. La custodite per noi. Noi conviviamo con il rischio che ci plasma o ci rovina, è la nostra esistenza, mentre voi vivete nella sicurezza della terraferma e preservate la vita.â€
Miscuglio di pensieri, labirintiche esplorazioni del cuore umano, riflessioni e grandi dosi di poesia, l’atmosfera che si respira fra le pagine è spesso straniante. Le righe sono talmente intrise di lirismo che ci si ritrova a desiderare e accogliere con un senso di gratitudine i momenti del semplice raccontare, che concretamente enumerano fatti e avvenimenti.
È un romanzo dai molti ingredienti. C’è letteratura e musica. C’è la storia d’Islanda. Ci sono ragazzi resi uomini dal mare. C’è la voce forte delle donne. C’è la natura. E, non ultima, c’è la celebrazione di “quella forza che tiene i pianeti al loro posto, che fa dilatare l’universo e forma i buchi neri. […] Ci priva dell’intelletto, della razionalità , ci priva dell’integrità , del riserbo, della dignità , ma alla fine, se siamo fortunati, ci offre una gioia vertiginosa, un’estasi indescrivibile, perfino la felicità . Al suo cospetto ogni momento sembra diventare poesia, una musica sfrontata. […] La chiamiamo amore, è l’unica parola che ci viene in mente.â€
I pesci non hanno gambe, Jón Kalman Stefánsson
Traduzione di: Silvia Cosimini
Iperborea, Collana: Narrativa, Maggio 2015
pp. 448 – Prezzo di copertina: € 19,00
Giudizio: 4,5/5
30.06.2015 1 Commento Feed Stampa
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