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Istruzioni per la manutenzione del parquet di Will Wiles
“Ero stato minacciato sin dal momento in cui avevo varcato la soglia. Forse l’obiettivo dell’appartamento era proprio quello: la perfezione è aggressiva, ti rimprovera continuamente“.
Romanzo descrittivo, quasi privo di dialoghi: l’io narrante è la lente che filtra eventi reali e percezioni soggettive; l’ambientazione, salvo rare scene in “esterno”, è un appartamento. Unità di tempo: otto giorni. Aspirante scrittore e amico di università di Oskar, noto compositore di musica sinfonica, viene invitato a prendersi cura dell’appartamento che Oskar lascerà , e con esso i suoi due gatti, per recarsi a Los Angeles per trattare le condizioni del suo divorzio da Laura. La casa di Oskar si trova in una Repubblica dell’Europa dell’Est, ormai occidentalizzata, o quasi: gli elementi non identificativi, ma precisi, usati da Wiles, si riflettono in un senso di estraneità e timore, subito riflessi sul lettore. L’obiettivo più importante è non macchiare il prezioso parquet di quercia francese. I problemi iniziano con una macchia di vino rosso e si complicano con il sangue.
Will Wiles, al suo primo romanzo (selezionato per il National Book Award 2012), è abile nel gestire la claustrofobica situazione senza sconfinare nel grottesco fine a se stesso. L’appartamento è un’estensione della personalità di Oskar, che si presenta attraverso biglietti di raccomandazioni nascosti in ogni stanza, e dove si vede un solo personaggio, ve ne sono in realtà sempre due. Il minimalismo accecante del mobilio e la sua cura maniacale sono una forma di tortura per il protagonista che narra, senza forzature, esperienze comiche, paradossali o tragiche. L’appartamento è un test, l’appartamento è una sfida: buona Schadenfreude a tutti.
Will Wiles, “Istruzioni per la manutenzione del parquet“, (ed. or. 2012 – trad. Simona Fefè), pp. 286, 16,50 euro, Neri Pozza, 2013.
Giudizio:Â 3/5
31.08.2013 1 Commento Feed Stampa
1 Commento
CommentaL’appartamento è inquietante: giustamente, scrivi, c’è una presenza evidente, ma non in carne ed ossa. Il finale spiega meglio tutto. Ma non credo se ne possa parlare… torturante Schadenfreude!