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Il tronchetto della felicità
Per Natale, Ortensia mi ha fatto un bel pompino. «È tutto quello che posso regalarti», ha detto. «Ortensia, Ortensia», ho fatto io, «non si parla con la bocca piena, almeno a Natale!». E giù a ridere tutti e due. Ortensia è una donna molto spiritosa, anche se è nata senza braccia. Certe volte, quando le serve qualcosa, mi dice: «Senti… mi dai una mano?». È da quando la conosco che ripete sempre questa battuta e poi mi guarda. Un attimo dopo scoppiamo a ridere, ogni volta come se fosse la prima volta. Ah, Ortensia. Che donna è Ortensia. Altre volte, le dico: «Ortensia! Andiamo a farci una passeggiata?», e lei ride e ride. È una battuta che possiamo capire solo noi due, perché Ortensia è nata anche senza gambe. Così, finisce che la sollevo, la carico nella borsa della spesa e la porto in giro. Ci fermiamo sempre nel solito giardinetto. Poggio la borsa (con Ortensia) per terra e mi siedo su una panchina a leggere il giornale. Prima o poi, qualche cane le si avvicina. Un po’ per via di quei suoi cappellini floreali, un po’ perché è veramente facile scambiarla per un tronchetto della felicità, insomma, la bestia alza la gamba e… Dopo qualche tempo, Ortensia mi dice: «Portami a casa». Io guardo la borsa bagnata e dico in tono grave: «Ma Ortensia, te la sei fatta di nuovo addosso, eh?». Lei a quel punto scoppia a piangere, ma in realtà ride, io lo so. Sono proprio un uomo fortunato ad avere Ortensia. Lei non è come le altre. Basta così poco a farla felice.
(Nota a piè di pagina)
Un caso analogo venne riportato da Paul Gilson nel 1930 («Elle lisait des livres dont elle tournait les pages en douceur du bout de son nez»). Solitaria di fronte alla folla del Luna Park, Violetta veniva lasciata su un piedistallo di fianco ad uno specchio, come un manichino nella vetrina di un negozio d’abbigliamento. E sorrideva per ore e ore.
(Nota a fine libro)
Conobbi una focomelica che si era separata dal suo uomo solo perché dopo tre anni di convivenza aveva avuto il coraggio di chiederle la mano. La sinistra, per la precisione. La destra era infatti formata da tre dita, mentre la sinistra era un unico grande dito. Si era innamorato soltanto di questo, non di lei, e desiderava ardentemente che glielo ficcasse in culo.
2.05.2008 21 Commenti Feed Stampa
21 Commenti
CommentaGiovanotto,
per quanto ne so l’unico tronchetto della felicità esistente era quello del compianto Johnny Tarallo.
VERGONIA!
cordialmente,
Cav. Marcello Stacchia
La tecnica è ingiudicabile. Quanto al resto mi chiedo dove volessi andare a parare.
all’esimio Cavagliere. a quanto si dice quello del Tarallo era il baobab della felicità, altro che tronchetto: vergonia!
all’esimio Ballardini: bravo, divertente. e non si faccia impressionare dal Pettinelli: verso il quinto, sesto post dismette l’aggressività, e scopre un animo gentile. abbia fiducia.
A me ricorda Boxing Helena, film del 1993, per la regia di Jennifer Lynch (suo anche il soggetto e la sceneggiatura), figlia del più famoso David Lynch, ovviamente con le dovute differenze: Ballardini, rispetto alla malattia della decostruzione dell’umano rappresentata dalla Lynch, è un dilettante allo sbadiglio. :-)
Giovanotto Iannozzi,
complimenti!
Sempre acuto ed inflessibile fustigatore della mediocrità!
La faccina alla fine dell’intervento è puro genio surrealista: quando scrive qualcosa per la Stacchia? Eh? VERGONIA!
Cordialmente,
Cav. Marcello Stacchia
Caro Cav. Marcello Stacchia,
non era per portare spregio al racconto e al suo autore il mio giudizio: ma, purtroppo, come avrà ben notato anche lei, il tema qui proposto dal Sig. Ballardini è abbastanza vecchio. E a mio avviso, la Lynch, con il già citato film, riuscì ad offrirci una pellicola significativa. Peccato che la critica non capì e disse della pellicola ch’era solamente manieristica e morbosa.
Con amorevole morbosità, sperando d’inscatolarla quanto prima, inclito Cav. Stacchia :-)
Cari amici, vi ringrazio per le utili suggestioni ma la “malattia della decostruzione dell’umano rappresentata dalla Lynch” non era affatto il mio punto di riferimento. La mia musa ispiratrice è stata invece una bellissima focomelica che conobbi anni fa, alla cui bellezza facevano contrasto due orridi moncherini. Mi raccontò la sua storia e volli cimentarmi con un esercizio di poche righe. All’epoca stavo – e sto ancora – iniziando ad esercitarmi per la narrativa (sono un saggista) e non avevo molte pretese: mi davo da solo degli esercizi, possibilmente difficili, e cercavo di portarli a termine in un modo accettabile, per decidere se andare avanti o smettere. Dunque, era solo un esercizio. Non lo dico per giustificarmi di fronte ad un consesso di letterati veri ed ottenere magari un po’ di riconoscimento. Sottoposi il raccontino alla fata monca e lei mi disse: “Hai colto perfettamente quello che proviamo, quello che succede spesso fra voi normali e noi mostri. Mi è piaciuto molto quello che hai scritto”. Ecco, rispetto a ciò che intendo fare e intorno a cui mi sto cimentando, mi basta e avanza il riconoscimento dell’amica focomelica e di altri handicappati. Sicuramente, più importante di recensioni realmente handicappate come quella di Iannozzi.
“mi basta e avanza il riconoscimento dell’amica focomelica e di altri handicappati”
Premesso che la mia domanda era sincera e del tutto scevra di ironia (giusto per precisare, non perché mi senta tirato in ballo tra te e il tuo detrattore), questa frase potevi anche risparmiartela. Non si porta in pubblico qualcosa per poi rifugiarsi nel “tanto per la mia mamma sono la più bella del mondo” alla prima critica negativa.
Se la tua focomelica del cuore ti basta e avanza, che ce l’hai messo a fare qua sopra?
Giovanotto Iannozzi,
badi a come parla!
Non è che la sua indiscutibile bellezza le dia il diritto ad aprir bocca e darvi fiato!
VERGONIA!!!
Piuttosto, se proprio ha la fregola di inscatolare qualcosa, venga qui a Palazzo Stacchia, che il Branchia ha appena pescato 16 tonni, tuffandosi a mani nude in una tonnara nei pressi di Mazara del Vallo (rimanendone peraltro arpionato ad un gluteo) e Luciano vuol fare una bella provvista di tonno sott’olio per l’inverno.
Due braccia forti come le sue sono ben accette, specie se strappate all’inutile ed oziosa arte della critica letteraria!
VERGONIA!!!
Cordialmente,
Cav. Marcello Stacchia
Pettinelli, io non mi “rifugio” da nessuna parte. Il commento della focomelica l’ho contrapposto volutamente al commento di Iannozzi e non perché il primo mi fosse favorevole e il secondo no. Mi stanno benissimo tutti i commenti sfavorevoli del mondo ad una sola condizione: che siano pertinenti. La focomelica per me è opinion leader nel campo della focomelicità (sono certo che Giovanna sta ridendo mentre legge). Quindi, da un certo punto di vista, la sua opinione per me conta moltissimo, dal momento in cui cerco di capire “da dentro” la violenza di certi equivoci e ci faccio sopra un piccolo esercizio senza pretese. Viceversa, dove dovrebbe riconoscersi la mano di un critico (visto che si professa tale) spunta invece un moncherino, qualcosa che non c’entra un cazzo e per questo definisco la recensione realmente focomelica (scusa il paragone, Giovanna, è più forte di me, ma pensa la sfiga se Iannozzi fosse una focomelica: sarebbe pure una cozza). Non mi risento per l’impertinenza quando c’è, la trovo divertente, ma mi scandalizzo per la non-pertinenza. Quindi per favore non sentirti chiamato in causa perché non mi riferivo affatto a te. Poi, posso rispondere solo a commenti che siano tali. E il tuo non lo era. Era una bellissima domanda. Non vorrei rovinarla con una risposta.
Ballardini, la frase che ho citato non lede il diritto alla critica (per altro insensata) di Iannozzi, lede il diritto alla critica e basta. Sarebbe stata infelice anche a fronte di una eventuale stroncatura articolata e documentata.
Non si viene qui o in qualunque altro posto a dire che il giudizio ricevuto altrove “basta e avanza” perché più o meno equivale a scrivere “dite quel che volete tanto conta un cazzo di niente, io il mio l’ho già avuto”.
Che “conti moltissimo” ci sta tutto e ben venga, che “basti e avanzi” sa un po’ di presa per il culo.
Se si tratta di un esercizio senza pretese, non avercele queste pretese.
Non discuto il diritto alla critica. Ma rivendico il diritto di criticare la critica. Soprattutto se non pertinente. Per il resto credo di averti risposto esaurientemente. Per fugare ogni dubbio, il “basta e avanza” non era una presa per il culo, parlavo sul serio. Però a Iannozzi. Non a te.
Ricapitolando: Iannozzi dice che l’ho annoiato perché prima di me c’è stata la Lynch a trattare il tema più brillantemente. Avrei potuto rispondere “E sticazzi?” ma ancora non ci conosciamo e quindi faccio il gentile. Mix si diverte, e sono contento. Tu dici di non poter giudicare la “tecnica” e non capisci dove io voglia andare a parare. Potrei rispondere che non lo so e che non è importante saperlo, ma ancora non ci conosciamo e quindi faccio il gentile. Tu riprendi il discorso credendo di aver capito che io mi vanto di aver avuto i complimenti di una focomelica e quindi anche se il raccontino non è gran che io mi difenderei dalle critiche negative dicendo che almeno in un’occasione c’è stato qualcuno che mi ha fatto i complimenti. E qui, anche se non ci conosciamo, non posso essere gentile perché siamo al pieno fraintendimento. Rileggi la mia spiegazione. Scrivo in un italiano mediamente comprensibile, quindi sono sicuro che ci puoi arrivare. Non ho mai detto nè pensato quello che tu credi di aver capito. Invece insisti!
Dici: “Non si viene qui o in qualunque altro posto a dire che il giudizio ricevuto altrove “basta e avanza” perché più o meno equivale a scrivere “dite quel che volete tanto conta un cazzo di niente, io il mio l’ho già avuto”.
Che “conti moltissimo” ci sta tutto e ben venga, che “basti e avanzi” sa un po’ di presa per il culo.
Se si tratta di un esercizio senza pretese, non avercele queste pretese.”
Ma che parlo a fare? Io non ho assolutamente nessuna pretesa. Tu dici che ho delle pretese? Va bene, Pettine’. Ti senti preso per il culo? Se fossi romano direi: “Ma chi tte se incula Pettine’!”. Fortuna che sono veneziano.
Lasciamo perdere. E’ meglio.
Mi ricorda le prove di Arturo Loria, scrittore sottovalutato e quindi trascurato. Ma con qualcosa di dispettoso, come una sorvegliata voglia di smarrirsi in una riflessione estetica, rivestendola di furfanteria, tanto per esorcizzare. Troppo poco per farsi un’idea, perché la sincerità spietata si può fare maniera se ripetuta con disincanto.
Onorevole,
i miei rispetti. Per chi, come me, è agli inizi e tenta di raccapezzarsi nella difficile disciplina del dosaggio, queste sono osservazioni di cui far tesoro. Per cui, Le sono veramente grato e in futuro vedrò di non deluderLa.
Stizziti e schizzati scazzasi!
Sdegnati!!
W Iannozzo!!!
bene continuate…al primo che si stufa e se ne va potrei subentrare io a dar spettacolo con un mio racconto…così mi hanno detto, quindi procedete, scazzatevi, scazzottatevi ;)
Per carità, madame. Io non stavo affatto litigando. Ma perché la gente legge così distrattamente? Se però tale attività vi gratifica vi cedo volentieri il posto. Suvvia date spettacolo.
non ho detto che mi gratifica…ho alluso alla possibilità di essere invitata a postare un mio racconto. Ero ironica, evidentemente non è arrivato questo e mi spiace. Detesto gli scambi troppo accorati.
Accorato io? Ma… ma…
Ben mi sta. Così imparo a voler puntualizzare sempre…
…siamo a metà dell’opera!