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Cadaveri
Per quanto riguarda i libri, ho preso la lodevole (me lo dico da solo) abitudine di andarmeli a prendere dove li vendono usati. A Pisa c’è una libreria che si chiama il Libraccio, che credo faccia parte di una specie di catena, dove vendono libri di seconda mano. Ci sono entrato quasi per caso, una volta che Feltrinelli era presidiata da quelli col banchettino che ti chiedono di firmare per non so che (per farti arrivare truffaldinamente un’enciclopedia a casa, credo). Non avendo, quel giorno, voglia di uccidere nessuno, decisi di non andare nella solita libreria che porta il cognome del simpatico Giangiacomo (che mi attira con il miraggio dello sconto, con quella cazzo di carta-punti, anche se secondo alcuni calcoli alla fine tutto quello che risparmi è un misero 10%), e dirottai sul meno conosciuto Libraccio. Dè, mi s’aprì un mondo. E’ chiaro, non c’è l’offerta che si trova nei grandi megastore libreschi, ma:
1) Si risparmia di brutto. Se ci stai un po’ attento, puoi prenderti tre libri usati al prezzo di uno nuovo;
2) Si scoprono perle nascoste, già uscite dal mercato o comunque scarsamente pubblicizzate nel regime di spoil-system selvaggio delle librerie dove vendono volumi nuovi.
E’ il caso dell’ultimo libro che ho letto: “Cadaveri” del canadese Francois Barcelo. Ci si chiederà chi sia, Barcelo. Me lo chiedo anch’io, visto che di lui non so praticamente niente. Anche in rete si trova pochissimo (in italiano). Non so neppure perché abbia scelto di prendere un suo romanzo (l’unico pubblicato in Italia), dato che non leggo mai le quarte di copertina e nessuno me ne aveva mai parlato prima. Anzi, sì, un motivo ce l’ho: l’ho preso proprio perché, essendo usato, costava davvero poco e potevo permettermi di rischiare, quindi ho rischiato. Con un libro che costa 18 euro non puoi farlo e quindi non esplori, non sperimenti, non rischi. Tutto questo perché, diocristo, diciotto euri son diciotto euri, non so voi come la pensate. Quando invece entri in un posto dove ci sono un mucchio di libri che costano 4, 5, 6 euro, puoi permetterti di provare, azzardare, rinnovare, magari prendendo in mano libri di gente sconosciuta, fidandosi solo del fatto, per dirne una, che la gente sconosciuta in questione è pubblicata da una casa editrice che in passato ti ha già regalato diverse soddisfazioni (Marcos y Marcos, in questo caso). Bene. A questo punto, dopo aver tessuto le lodi dei reminders e aver detto male della grande distribuzione, cosa che fa molto no-global, passiamo a parlare del libro in questione, facendo finta che freghi qualcosa a qualcuno.
Il romanzo è stata una piacevolissima sorpresa. Si tratta di una storia bislacca, grondante di humor nero, nerissimo, cinica da fare schifo e con un ritmo che dè, boia, leva veramente di culo. Narratore della vicenda è lo spiantatissimo trentatreenne Raymond Marchildon, canadese del Quebec. Subito, sin dall’incipit, apprendiamo che sua madre è morta, e che forse a farla fuori è stato proprio lui. Raymond, appena dopo il fattaccio, sta viaggiando in macchina, quando rimane senza benzina. Allora, dopo dieci anni che non la sente, chiama la sorella, un’attricetta televisiva, per informarla che la madre è morta.
– Raymond?
– Buon anno, Angela!
– Come va?
[…]
– Potrebbe andar peggio.
– Mamma?
– Potrebbe andar meglio.
– E’ malata?
– Non proprio.
– E’ morta?
– Esatto.
– Com’è successo?
Ho esitato, anche se non ero del tutto contrario all’idea di dirle la verità. E poi mi sembrava che prima di dire altro una pausa s’imponesse.
– Un incidente d’auto? Cirrosi epatica? Sifilide? – ironizzava Angela enumerando alcune delle cause più probabili della morte di nostra madre.
– Un colpo di rivoltella.
Questo le ha fatto passare la voglia di fare la spiritosa. E’ stato il suo turno di fare una pausa. Ma breve, come se avesse sempre saputo che un giorno non sarei riuscito a trattenermi.
– In quale posto di polizia ti trovi?
Tutto il libro è così, pieno di dialoghi surreali e fulminanti, a tratti persino comici. Ed è proprio la storia ad essere surreale, con i personaggi bislacchi che si affastellano man mano che la storia procede, con i cadaveri che da un certo punto in poi diventano anche più numerosi dei vivi. Il tutto con una scoppiettante mistura di grottesco, cinico, surreale, stralunato. Un libro davvero divertente.
Raymond e Angela sono “il più marcio dei fratelli e la più marcia delle sorelle”, così come marci sono i rapporti che corrono tra loro due e tra loro due e il resto del mondo. Tutto questo lo si scopre piano piano, col proseguire del piacevole racconto di Raymond, capace di strappare più di un sorriso parlando di incesti, assassini, cadaveri che si ammucchiano ed altre amenità. E concorderete con me sul fatto che non sia cosa facile: in Italia ci riesce solo Studio Aperto, per dire.
“Cadaveri” non è un libro che rispecchia la realtà (un po’ come Studio Aperto). I personaggi che lo animano sono troppo fuori di testa per essere credibili. Però è un libro che mi ha divertito, e questo mi basta. Qualcuno avverta Barcelo che, se dovesse scrivere un altro libro, io glielo compro di sicuro (forse anche nuovo).
20.02.2008 18 Commenti Condividi Feed Stampa
18 Commenti
Commenta…e comunque volevo ribadire che Prince è…
(scherzo)
Anche io ho sempre trovato grande goduria nelle piccole (o grandi, perché non è detto) librerie dell’usato. E’ proprio che viene ripristinata una certe esigenza tattile: i libri sono lì, non più nuovi, spiegazzati, vissuti, ed emanano quell’odore che è tipico delle cose di carta vecchie. E’ tutta un’altra esperienza, tutta un’altra cosa, anche dal punto di vista fisico.
Per non parlare di quello economico, senza dubbio.
Il libro che hai “recensito” mi ha piuttosto interessato. A tratti, mentre lo descrivevi, a me veniva alla mente Barthelme: lo conosci? Però non so fino a che punto il paragone può essere sensato.
Mesi fa in una libreria dell’usato a Roma portai via, tra le altre cose, un semi sconosciuto libro di Arthur Miller intitolato “Focus” che parlava di un tizio che un bel giorno scopriva d’essere miope. Allora si metteva gli occhiali, solo che con gli occhiali addosso tutti lo scambiavano per un ebreo. E allora non ti dico i casini che passava. Fantastico.
[Ste]
Ah, ecco: mi pareva strano che qualcuno venisse a commentare un post su di un libro sconosciuto che avranno letto in due in tutta Italia :-D
Ops, mentre scrivevo non avevo visto il post di Ste. No, Barthelme non lo conosco manco di nome. Ma scrive libri in cui ci siano morti ammazzati, investigatori, criminali e sparatorie varie? No, perché io leggo solo quelli :-)
I reminders io non li ho mai manco visti da ‘ste parti. L’unico usato che ho conosciuto è quello del mercatino per i libri scolastici.
Ricordo che c’era una gran negozio a Bologna che trattava solo reminders e usato, ma finivo sempre a guardare le collane erotiche, che corrispondevano al 50% del materiale.
Sauro, dì la verità, questo libro non esiste. E’ tuo anche lo stralcio che citi, dài. O è un tuo parente, ‘sto Barcelo.
è vero, anche a me piacciono molto le librerie dell’usato: si possono comminare un sacco di libri molto belli.
Per Ciccio
Dammi un indirizzo mail valido. Ti avevo risposto ma la discussione è stata chiusa.
Quanto al libro.
Mi ha incuriosito. Se mi capita davanti lo prendo senz’altro.
Ultimamente ho fatto acquisti discreti nei negozi tipo “mercatino”, “baratteria” etc. Oltre a mobili e friggitrici spesso ci sono cataste di libri a 1 euro l’uno. Per lo più è robaccia ma ci ho trovato anche Sartre, Camus e altre delizie. Qualche tempo fa anche una copia di “American Psycho”, avrei voluto vedere in faccia quello che l’ha data via.
…che è ‘sta puzza?
CHI HA COMMINATO???
a Sgambà, sei contento ora? hai visto che hai comminato?
Lungi da me l’idea di comprarmi il romanzo recensito dal buon Sandroni, mi associo all’elogio del libro usato.
In Piazza San Silvestro c’è il remainders più centrale di Roma. Sebbene ultimamente in declino, ci potete trovare cataste di vecchi Laterza – sopratutto Savater, tra cui l’imperdibile L’infanzia recuperata: un testo cruciale in cui finalmente un filosofo autorevole ci dice quello che avevamo sempre sospettato, ovvero che di un libro si può dire solo se ci è piacuto o no – e fascine di libri dell’eclettica (e pertanto fallita) casa editrice SE, che pubblica pensatori perclari come Bergson, autori di lingua teutone come Thomas Bernhard (mi ricordo un romanzo di un musicologo che non riesce a scrivere il suo saggio su Mendelssohn Bartholdy perché la sorella gli rompe i coglioni) racconti porno di Giorgio Soavi che lo farebbero ammosciare a un satiro e altri libelli più scanzonati quali L’arte del peto o Quaranta modi di fottere.
Poi segnalo un paio di storiche librerie dell’usato in Corso Rinascimento, dove vado col mio amico sardo Giovanni Carta il giorno dopo che gli versano lo stipendio. Una delle due è una tana per bibliofili dove si può trovare una prima edizione de La cognizione del dolore a una spicciolata d’euro o il Codice Hammer autografato da Bill Gates a qualche milione di dollari.
L’altra è uno di quei posti equivoci che sembrano un covo di brigatisti e che se ci portate qualcuno all’uscita vi dirà “Secondo me è una copertura…”
Ci gravitano enigmatici personaggi, magri professori barbuti, intellettuali forforosi, pensionati in loden naftalinato, studenti velleitari e giovani scrittori falliti. Come me.
nel tentativo di farmi perdonare dall’illustre moderatore scriverò una cosa spero non OT.
si fa qui l’elogio del libro usato, e se ne apprezzano le virtù del contenitore e del contenuto; vi è chi si reca a comprare libri appena gli si versa lo stipendio, e chi vi cerca e trova opere minori di grandi scrittori (avendo forse esaurito le opere ‘maggiori’). la domanda è: ma poi, con tutti questi libri, che ci fate? posto che se uno che campa del suo lavoro:
– 8 ore dorme
– 4 ore mangia o prepara da mangiare (tra colazione pranzo e cena)
– 10 ore lavora (tipo entro alle 9.00 ed esco alle 19.00: ci sta)
– 1 ora la impiega per spostarsi a/r
– 1 ora la passa a non fare un c***o
residuano 0 ore al giorno. diciamo che erode quell’ora che passa a non fare un c***o, e legge almeno 40 min., ma anche tutta l’ora: leggendo un’ora al giorno, stanco della giornata di travaglio, quante pagine può leggere? diciamo 30? non di più (sarebbe due minuti a pagine, se non è Topolino e voi non siete Pico della Mirandola, ci sta anche questo).
30 pagine al giorno. per 5 giorni, sono 150 pagine. il sabato e la domenica farete come Nostro Signore, suppongo, e vi riposerete. oppure no, anche la domenica, avete più tempo, giusto. ci schiaffo un 50 pagine per tutto il weekend, va: arriviamo a 200 pagine a settimana. ma dobbiamo togliere, per onestà, le sere infrasettimanali dedicate agli amici o alla vita sociale: io direi che fanno 160 a settimana, così a spanne.
160 x 4 = 640 al mese (650, arrotondando a 30 gg.).
ora, un romanzo/saggio ha non meno di 150/200 pagine, altrimenti si riduce a racconto/articolo lungo. ma diciamo anche 251 pagine, nella media (ogni riferimento è del tutto casuale). quindi, si arrivano a leggere (650/251) 2,5 libri al mese; poiché non mi pare che tutto questo gran parlare di libri preluda solo a leggerne 2 e mezzo al mese, mi domando: ma con gli altri che ci fate? li appoggiate distrattamente sul tavolino nell’auspicio che qualcuno li veda? gli fate fare capolino dalla tasca del loden naftalinato affinché tutti sappiano che cazzo di intellettuale siete? ne parlate in qualche blog?
se può interessare, io per mesi li tengo nella busta in cui li ho comprati; poi, cercando le aspirine, li riscopro, me ne ricordo, e li metto in libreria. dopodiché, se ne perdono le tracce.
@Sauro: provalo Barthelme: Donald Barthelme. E’, tecnicamente, un post moderno. Nato alla fine degli anni Trenta, ti consiglio due raccolte di racconti: “Ritorna dottor Caligari” e “Atti innaturali, pratiche innominabili”. Spesso non è accessibilissimo, ma io lo trovo geniale: mischia sapientemente scenari assolutamente borghesi, quotidiani, a situazioni surreali, al limite del grottesco.
Barthelme è uno che, durante una lezione all’università, rispose così alla seguente domanda di uno studente:
– “Signor Barthelme, perché scrive nel modo in cui scrive?”
– “Perché nel modo in cui scrive Beckett già scrive Beckett”
[Ste]
@Mix: al di là del fatto che non conosco questo Nostro Signore di cui parli (qual è il nome e quale il cognome?), ti dirò che il tuo vorticoso ragionamento matematico mi ha coinvolto in prima persona. Io, per la precisione, sto sostituendo i libri al comodino.
Giovanotto,
io lo conosco Barthelme, e che diamine! E’ il mio lavoro o no?
In ogni caso è un sopravvalutato…
Certo, i suoi atteggiamenti carnascialeschi lo hanno aiutato in fatto fi visibilità massmediatica (il bacio sulla testa di Blanc, per esempio) così come la sua relazione con la top model Linda Evangelista (lui, ricordiamolo, è uno degli uomini più brutti di Francia!) ma alla resa dei conti tra i pali era un disastro così come sulle uscite alte… per non parlare delle frequentissime papere, specialmente nel periodo Man. Utd.
Le consiglio di puntare su nomi più sicuri e più talentuosi: Roberto Marinati, per esempio!
cordialmente,
Cav. Marcello Stacchia
Questo libro l’ho letto anche io…siamo i tre!
Concordo pienamente con la tua recensione!
In tre? E chi sarebbe il terzo? Lo voglio conoscere.
Anch’io l’ho letto e vi posso segnalare il film che sta per uscire, a febbraio 2009, in Canada, con lo stesso titolo e preso dal libro di François Barcelo. A febbraio esce anche un altro romanzo dello stesso autore, “Agenor” pubblicato dalla casa editrice il Sirente… e siamo a 2 romanzi di Barcelo in Italia, magari lo impareremo a conoscere. Ha scritto molto e d generi disparati. per saperne di più:
http://www.sirente.it/9788887847185/agenor-agenor-agenor-e-agenor-francois-barcelo.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Barcelo
http://it.wikipedia.org/wiki/Agenor,_Agenor,_Agenor_e_Agenor
Io me lo piglio di sicuro. Grazie, Arabone.