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I Gillespie di Jane Harris
Questo è un libro a lenta carburazione. Non è uno di quei libri “da zero a 100 in 4 secondi”. E’ più un libro del tipo: “mettiti comodo, impara a prendere confidenza con le mie forme, e quando crederai di essere al sicuro, ti farò vedere di cosa sono capace”. Jane Harris ha una scrittura pulita, molto fluente. Ha il fascino della semplicità, di una cosa fatta bene e con metodo. La tecnica narrativa è quella del ricordo; ci viene subito presentata un’anziana donna, che dalla sua casa di Londra, nell’anno 1933, ci narra la storia della famiglia Gillespie. O meglio, la storia del suo incontro con questa famiglia, e degli eventi che uno dopo l’altro si rincorreranno nel corso degli anni. Fin da subito è chiaro che qualcosa di grave è successo, nel passato; questa consapevolezza, insinuata nel lettore fin dalle prime pagine, serpeggia lungo la trama, un’ombra nascosta e pronta ad oscurare vite ed eventi.
A lettura ultimata, posso dire che questo libro mi ha ricordato moltissimo il film “Il dubbio”, ottima pellicola del 2008 tratta dall’omonimo testo teatrale che nel 2005 ha vinto il Premio Pulitzer, il Drama Desk Award e il Tony Award. Non è una questione di trama, in quanto le due storie non potrebbero essere più diverse. E’ una questione di tecnica. Nel libro come nel film, la tensione è altissima, quasi fastidiosa, soprattutto perché lo è in modo pacato, in modo sottile. Il film è tutto giocato su dialoghi, gesti, sguardi, piccoli particolari. Allo stesso modo il libro indugia su frasi, azioni, cose viste per metà, sensazioni. Soprattutto, dubbi. La chiave è tutta lì. Nel dubbio. Così come lo spettatore del film si ritroverà, alla fine, prigioniero di mille domande, allo stesso modo il lettore sarà invaso dalle possibilità, dalle varianti. Il racconto è terminato, il libro è chiuso, ma siamo proprio sicuri che sia questa, la verità? La figura della protagonista, narratore presente e a volte un po’ troppo invadente, non si fa volere bene, o forse sono io ad essere diventata troppo insofferente; ma credo fosse un intento della Harris presentarci un personaggio di per sé ambiguo. Harriet Baxter, una donna inglese di 35 anni, senza marito, che alla morte di una zia si trova in possesso di una discreta rendita e decide di recarsi a Glasgow, città che nel 1888 è in fermento per l’Esposizione Internazionale, massima celebrazione del sodalizio di artisti conosciuto come “i ragazzi di Glasgow”. Una donna dedita al prossimo, gentile, discreta, sollecita. Il suo incontro con la famiglia Gillespie sarà il fulcro di tutto. Salvando la vita ad una distinta signora, Harriet verrà lentamente introdotta in casa Gillespie e suo malgrado si troverà ad essere spettatrice di quotidiani drammi, lazzi, noie, simpatie. Ancora una volta, la casa diventa grande protagonista, l’ambiente in cui si incontrano e si scontrano personaggi e si decidono destini. In salotti dall’aria retrò, tra pittori in cerca di ispirazione, artisti, giovani donne e madri in preda all’ansia, va in scena la grande commedia della vita. Elspeth, la matrona, Ned , Mabel e Kenneth, i figli, e poi Annie, moglie di Ned, e infine le piccole Sybil e Rose. Sybil è un altro personaggio chiave, un altro personaggio che incarna il dubbio. Di che cosa può essere capace una bambina? Harriet Baxter, devota amica pronta a tutto pur di aiutare l’artista Ned a uscire dall’anonimato, rimarrà intrappolata nelle spire delle sue stesse scelte, e noi saremo sempre lì, a interrogarci sui suoi intenti, sulla sua buona fede, sulla sua ingenuità, reale o presunta che sia. Ogni dettaglio è importante. Piccole scene colte con la coda dell’occhio, stralci di conversazione, gesti rubati. In un’atmosfera torbida che non lascia intravedere la luce, si consumerà una storia dalle tinte molto fosche che lascerà sul palato un gusto amaro. E nella mente, il dubbio.
Jane Harris, “I Gillespie”, (ed. or. 2011, trad. Massimo Ortelio) pp. 505, 18,00 euro, Neri Pozza, 2012.
Voto: 4/5
15.03.2012 3 Commenti Feed Stampa
3 Commenti
CommentaEsatto, il dubbio. Ho finito il romanzo da qualche ora e non faccio che ripensarci, tant’è che ho dovuto chiudere le pagine del libro successivo : leggevo senza capire perchè ero completamente assorto nel riflettere su I Gillespie. Minuto dopo minuto mi tornano in mente alcuni particolari del libro e mi scopro a rivederli sotto una luce nuova. Devo dire che appena finito sono rimasto un po’ deluso, ma questo perchè mi aspettavo il “colpo di scena” o la “rivelazione finale” che non ci sono state, solo ora che sto rielaborando tutta la storia mi accorgo di che piccolo capolavoro io abbia avuto tra le mani. Solo un rammarico : questo è un libro che si può leggere una volta sola, di certo una rilettura potrà far capire alcune cose che magari mi sono sfuggite, ma la comprensione del personaggio di Harriet e quindi di tutta la storia che sta raccontando può funzionare solo una volta. Peccato anche che ci sono un paio di particolari a cui ancora non mi dò spiegazione, speriamo che la riflessione mi aiuti.
Ciao
MA allora niente è come sembra… Non so se posso parlare tranquillamente degli eventi, forse è vietato, ma vorrei davvero confrontarmi con chi ha letto questo libro! Ho dei dubbi, e sento che se non riuscissi a chiarirli perderei il senso del romanzo… Lascio la mia mail, contattatemi!
francesca-sole@libero.it
nell’ultima pagina appare una parola che potrebbe spiegare tutto, sai che è quella che ti può aiutare, ti può forse togliere il senso di angoscia che ti lascia il dubbio, il non aver capito; anche se forse durante la lettura qualcosa avevi intuito… sono tornata a rileggere le prime pagine, e poi qualcosa più avanti… quella parola l’ho trovata, la chiave:ora tutto torna ..o forse no? libro stupendo!