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Vita di me stesso
“Sono cresciuto con una sola preoccupazione: procurarmi un’infinita quantità di tempo libero per assaporare fino in fondo il peso della mia nullità epocale.” (Rainer Maria Allegàti, Elegie di Fiumicino)
Figlio della figlia naturale di Rainer Maria Rilke e di un aspirante scrittore mitteleuropeo, Julius Allegàti, il piccolo Rainer nasce a Riga il 5 maggio del 1900. Dopo un’infanzia agitata (il padre, non riuscendo a pubblicare, sfoga la sua frustrazione su moglie e figlio), ad appena diciotto anni va via di casa incazzato come una Jena, dove si laurea brillantemente nel ’23 con una tesi sul cannibalismo nei cicli di fiabe germaniche.La sua tesi, nonostante i ripetuti tentativi, viene rifiutata da tutti gli editori dell’Impero austro-ungarico (struggenti le lettere di Rainer agli editor di mezza Europa). Rainer non demorde e continua nei suoi sforzi letterari. Pur non demordendo, però, non riesce a pubblicare: è questo un periodo cupo, in cui Rainer, sospeso tra consapevolezza del proprio valore e obiettive difficoltà di sostentamento, accetta alcuni lavori saltuari e degradanti: aiutotipografo, informatore della polizia segreta, infine ghost-writer. Scrive per Adorno, Horkheimer, Marcuse; suo, si dice, il secondo capitolo dell’Uomo Mosè e le religioni monoteiste di Freud, che in quel periodo (1935) oltre ad averlo come collaboratore, accetta anche di sottoporlo ad un ciclo di analisi (l’analisi si concluderà però dopo poche sedute, con una lettera di Freud nella quale comunica a Rainer di non poter continuare la terapia, a causa della sua “indecifrabile aggressività” e per “eccesso di transfert nei confronti del lettino” (Freud, Lettere 1920 – 1937, Bollati Boringhieri).
Nel 1937 Rainer sposa Frida Steltzer, una delle donne più brutte della Galizia austriaca. Nel ’38 Frida darà alla luce il piccolo Julius Rainer, unico figlio di Rainer, che morirà per un banale morbillo dopo pochi mesi.
Nel ’40 Rainer emigra assieme alla famiglia e alla vecchia madre inferma negli USA. Lì sottopone il suo intelletto a uno stress senza precedenti, scrivendo in poche notti, di getto, opere monumentali quali Wagner contro Odino e Epica senza epoca. Nonostante i suoi sforzi non riesce a pubblicare (struggenti le lettere agli editor delle case editrici di mezza America).
Inizia un periodo controverso di risentimento verso l’industria letteraria, e di amore per quella bellica: a partire dal ’42 Rainer è a Los Alamos, nell’equipe di Fermi e Oppenheimer, dove si occupa dell’ufficio stampa.
Dopo Hiroshima, Rainer è colto da una profonda crisi d’identità e si unisce al movimento beat: frequenta e importuna Kerouac, Ginsberg, Corso, Ferlinghetti e il resto della banda (sembra che Burroughs abbia scritto La scimmia sulla schiena pensando a Rainer e al suo continuo presentarsi alla porta con una bottiglia di Fragolino.)
In seguito allo scemare del movimento, Rainer, ancora inedito, torna in Europa e si trasferisce a Parigi, dove intrattiene rapporti coi maggiori intellettuali del tempo. Il 4 Gennaio del 1960, quando Camus e Gallimard muiono in un terribile incidente stradale, Rainer è al volante.
Vive tra Parigi, Bucarest e Praga, facendo lavori d’ogni tipo: correttore di bozze, amministratore di condominio, uomo-sandwich, venditore ambulante di rose. Passa lunghi anni immerso nella lettura dei poemi ossianici e dei filosofi scandinavi, e parallelamente continua a scrivere (si avvicina al teatro-off con un musical sulla vita di Kierkegaard, che però riscuote una tiepida accoglienza) e a cercare la via della pubblicazione (struggenti le sue lettere agli editori di mezzo mondo).
Nel 1966, per protestare contro la guerra in Vietnam, rifiuta pubblicamente il Nobel che nessuno gli ha offerto. Nello stesso anno riceve un parere semipositivo da un editore haitiano per una raccolta di saggi, ma il progetto sfuma a causa di una guerra civile. Nel 1967 Rainer è alla Sorbona, a occupare con gli studenti. Nel 1968 è a Valle Giulia a manganellare coi poliziotti.
Nel 1970 muore la moglie Frida, cui era legatissimo, e Rainer Maria cade in un profondo stato di depressione. Si trasferisce a Torino, dove occpua va a convivere con un cavallo da tiro. Ormai ultrasettantenne, lotta a fianco degli operai occupando fabbriche e partecipando a manifestazioni di piazza.
Dopodiché se ne perdono le tracce. Una sola immagine, in tutti questi anni, lo ritrae: è il 1989, il prof “grida qualcosa contro qualcuno” (secondo la testimonianza di un cineoperatore), sulla breccia del Muro di Berlino.
A metà degli anni ’90 l’allora quasi centenario professor Rainer Maria Allegàti si è trasferito a Roma, dalle parti di Ponte Milvio. Qui prova da anni, senza successo, a pubblicare (struggenti le sue lettere a Minimum Fax, Fazi e Fandango). Solo ultimamente un editore illuminato (Cabaret Bisanzio) ha dato voce al suo titanico pensiero e alla sua verve polemica.
Il prof Rainer Maria Allegàti, tra i maggiori intellettuali viventi, è attualmente – e inspiegabilmente – un autore inedito.
Cabaret Bisanzio ha deciso di dargli fiducia (con riserva) perché “Se c’è qualcuno che può testimoniare contro le infamità del mondo editoriale, quel qualcuno è Rainer Maria Allegàti!” (A. Pagliaro, gruppo di discussione di CB).
Potete contattarlo a quest’indirizzo email: professorallegati@cabaretbisanzio.it. Vi risponderà nel giro di pochi minuti.
22.11.2007 11 Commenti Feed Stampa
11 Commenti
Commentasiete solo dei dilettanti!
“Dilettante”, già, è così che Rainer in un lurido caffè di Tangeri definì Dio.
Scusami Iannozzi ma tutto si può dire di Rainer tranne che sia un dilettante…
Le Edizioni Stacchia dovrebbero cancellare l’onta della mancanza di pubblicazioni per Rainer!
Giovanotto,
innanzitutto VERGONIA!
E che è? E che si fa così? Ma le pare che la Stacchia pubblichi a comando? Ma che siamo, al supermercato?? Le pare che, oberati come siamo, tra novità di autori del calibro del Fiunda e dell’Aspide, e tra nostre scoperte come l’Angiolieri o l’Alighieri, noi si abbia il tempo di dare una chance (come dicono i giovini) a carneadi qualunque??? Ma lo chieda al Pagliaro, o a Piperno, o anche a quel Roth, cosa significa farsi pubblicare dalla Stacchia… lo chieda a loro che ci hanno implorato per anni, ricevendone sempre un fermo e intransigente rifiuto!
E me lo faccia dire a chiare lettere, che per una volta tanto ci sentiamo in piena sintonia con le parole del giovanotto Iannozzi: siete dei dilettanti! Siamo talmente in sintonia col bravo critico che vorremmo coniare lo slogan “Stacchia – Iannozzi: una faza una raza!”.
E finiamola qui prima che mi vengano i cinque minuti! VERGONIA!
Con cordialità e simpatia,
Cav. Marcello Stacchia
Signor Stacchia, in effetti io Epica senza epoca ce lo vede bene in una qualche collana della Stacchia! Con tutto il rispetto, ossequiosamente
M. Di Porto
Se il cavaliere Allegati vuole essere pubblicato, lo pubblico io… faccio l’amanuense… mi ci vogliono 6 anni per un libro, ma chi va piano… va veloce.
E purtroppo il riferimento a Ponte Milvio mi ricorda un pettegolezzo che da tempo circola, cioè che Rainer abbia scritto “Tre metri sopra il cielo”, ma che poi abbia ceduto il manoscritto a tale F.M., che gli promise di trascriverlo e sistemarne la sintassi col T9 del proprio cellulare, e che invece se ne appropriò fraudolentemente.
E’ vero o sono solo voci capziose?
Rainer Maria Allegàti? Quell’odioso scribacchino che ci propose un farneticante manoscritto sull’ipotesi di una setta legata a Maria Maddalena? Cestinammo immediatamente quell’abominio. Sfortuna volle che ci fosse un certo Brown addetto all’eliminazione rifiuti.
Cardinale Ottone Maria Purimbaldi
Responsabile dell’Ortodossia
delle Edizioni Paoline
A me Iannozzi ricorda il Fiunda infatti.
Giovanotto,
ma che dice?
Lei è pazzo!
Accostare il grande Fiunda achicchessia è operazione scorretta e malevola. E poi non assomiglia per niente al nostro bel critico (rinnovo lo slogan “Una faza – una raza”).
Si vergonii!!!
Anche perchè non vorrei che il povero Iannozzi si ritrovasse oggetto delle attenzioni di Tungu! E ci siamo capiti!
ANCORA VERGONIA!!!
cordialmente,
Cav. Marcello Stacchia