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Il sangue degli altri
[Disclaimer: ogni riferimento a persone che scrivono su CB e sono amiche mie è fatto per fare esplicito riferimento a persone che scrivono su CB e sono amiche mie. Scrivo questa recensione perchè me lo impone il mio ruolo di “maggiore esperto di noir europeo”, mica per altro. Fine del disclaimer]
E insomma, c’è questo tizio, tale Pagliaro Antonio, che ha scritto un libro. E fin qui, voglio dire, niente di strano: tutti hanno un romanzo nel cassetto. Basta prendere dei fogli, scriverci sopra qualcosa e metterli dentro la scrivania. La cosa strana è che gliel’hanno pubblicato. E senza pagare una lira! Com’è che a lui sì e a me no? Ve lo dico io: magheggi, manipolazioni & intimidazioni. Non escludo neppure il ricatto e/o l’ipnosi. Non vedo davvero altre motivazioni plausibili. Ma comunque, via, ormai è pubblicato, tanto vale che ne parliamo.
Si tratta di un libro come vanno di moda adesso: giallo/noir. Pfui. Si cavalca l’onda, eh? Invece di, che ne so, un bel libro di sonetti endecasillabati o qualcosa che analizzi sociologicamente le società socialiste… voglio dire, così è troppo facile, caro Coso. Cazzo ci vuole a scrivere un giallo? Roba da anziane signore inglesi che si sposano due o tre volte con colonnelli dell’esercito (di cui alcuni in pensione), bevono tè dalla mattina alla sera senza lavorare mai neppure un giorno e quindi avanza loro il tempo per scrivere un monte di libri che poi vengono pubblicati negli Oscar (io ci farei la firma, soprattutto per la storia del tè bevuto senza lavorare). La storia. La storia è piuttosto incasinata* e difficile da riassumere, specie se si ha qualche problema a mettere in fila due parole, tipo il sottoscritto. Ci provo comunque. La vicenda parla di criminalità organizzata, politica corrotta con diversi punti di contatto con la criminalità di cui sopra e questione cecena, che tutt’ora mi risulta irrisolta (il gioco di parole è involontario). Mi piacerebbe quindi dire che parla di favole, di cose fantasiose; ma così non è. Il libro, purtroppamente, parla della realtà, che di conseguenza risulta fare abbastanza schifo. L’opera in questione non fa altro che sottolineare questo stato di cose, diciamo. La vicenda inizia con un prologo molto duro, lo stupro di una ragazza cecena ad opera di alcuni soldati russi. Un pezzo efficace, crudo e secco. Scritto molto bene, per come la vedo io, con uno stile assai manchettiano. Anche il dott. Pagliaro è un fan del francese (lo so perchè ne intercetto le telefonate) e questo episodio dello stupro è quanto di più manchettico mi sia capitato di leggere ultimamente. L’influenza di Jean-Patrick, per fortuna, si sente. Dico “per fortuna” perchè Manchette era solito scrivere solo l’essenziale, senza una parola in più o una in meno. Mi pare che Antonio abbia capito abbastanza bene la lezione, e in tempi di logorroici flussi di coscienza e irritanti introspezioni gratuite, beh, credo che un po’ di sana secchezza non guasti assolutamente. L’importante è che la secchezza, naturalmente, non sia quella delle fauci, tipico effetto collaterale di qualsiasi farmaco sulla faccia della Terra. Bene, dopo aver appreso dello stupro, l’attenzione del lettore è dirottata verso la Sicilia di cinque anni più tardi. Qui, a Palermo, il giornalista Lo Coco sta indagando sull’apertura di alcune case da gioco nell’isola, ad opera di una società piuttosto sospetta. Il responsabile di questa società viene ucciso, e viene ucciso anche un uomo dell’est, proprio nel bar dove lavora la fidanzata di Lo Coco, al quale salta la mosca al naso. L’affare dei casinò va comunque avanti, con una società dell’Europa orientale che subentra a quella autoctona: sapete, l’amministrazione regionale, guidata da un “governatore” che ricorda un pochino quello vero (mi sembra a me, eh? Voglio dire, impressione mia, eh? Non è che voglio alludere, ci mancherebbe) ci tiene molto, e allora…
Qui comincia l’indagine vera e propria, che Lo Coco porterà avanti quasi per pura curiosità. Un’indagine che lo condurrà prima a Grozny e poi a Riga, ad incrociare il proprio destino con quello di una popolazione cecena fiaccata ma non ancora doma, con guerriglieri dello stesso popolo e con criminali nostrali. I temi principali del libro sono proprio questi due: la criminalità organizzata siciliana e i suoi rapporti con la politica, e la questione cecena. Due temi che Antonio sente molto, basta guardare quello che scrive sul suo blog. Si è appassionato alle due questioni, e si vede, leggendo il libro, una certa competenza in proposito. Diciamo che dà l’impressione di sapere di cosa parla, ecco. Sarà vero? O sono io che sono facilmente infinocchiabile? Vedremo. Cioé: cercate di vedere voi, ché ne vale la pena. Date retta a un bischero**.
* Solitamente, in questi casi si dice che la trama è articolata e complessa, oltre che rigorosa e plausibile. Ma io sono molto invidioso che lui è diventato scrittore, per cui preferisco “incasinata”.
** Naturalmente il bischero è l’autore del libro, mica io.
Il prologo letto da Valentina De Grazia (su youtube).
Un breve estratto su “La poesia e lo spirito”.
Il sito web del romanzo.
20.11.2007 24 Commenti Feed Stampa
24 Commenti
Commentacome dire “leggetelo e pentitevi !” ^__^
Boh!
Non ho idea alcuna in merito. Boh!
Beh, Giuseppe, spero che per avere qualche idea tu non sperassi nel mio post… :-D
Eh, tra fantasy e noir in questo terzo millennio non si trova più niente di decente.
E invece sì, speravo proprio di sì. :-)
Si continua a dire che la speranza è l’ultima a morire. Mica vorremmo smentire proprio qui quest’unica certezza! :-D
…Eh, tra fantasy e noir in questo terzo millennio non si trova più niente di decente…
Magari il commento e’ ironico, pero’ io una domanda la fare sul serio: cosa c’e’ di male nello scrivere un noir/giallo?
Perche’ mi sembra che ultimamente non si parli di altro che della morte del noir, della stanchezza dei lettori da surplus di gialli e via di questo passo. Io sono una singola lettrice, per carita’, pero’ non sono d’accordo. In una societa’ che si assicura ad ogni agosto che dio manda sulla terra un omicidio irrisolto, ad una popolazione che cita luminol, Ris, esami del DNA e tracce organiche meglio dei consulenti di CSI e NCIS messi insieme, ad una magistratura che a distanza di anni (anche venti) riesuma cadaveri e riesamina tracce peggio di Cold Case, che altro gli vuoi proporre?!
Laura, non so se il commento di A fosse ironico; posso invece dirti che il modo in cui ho citato il giallo/noir nel post lo era, nel senso che non lo considero certamente una cosa “facile”. Anzi, si tratta proprio della mia più grande passione letteraria. Massimo rispetto, quindi. Se tu non ci credessi ( :-D ), sparse per la rete ci sono molte (troppe) mie dichiarazioni d’amore al genere. Una passione, tra l’altro, che condivido con lo stesso Antonio, col quale ci scambiamo consigli e offese (io gli do dei consigli non richiesti, e lui ricambia con le offese). Quanto alla fantasy, ammetto di non essere ferratissimo e sospendo il giudizio.
Tra l’altro, credo (anche qui manchettianamente) che noir e fantascienza siano tra i generi più adatti con cui scrivere metafore del mondo degli uomini.
Oè, si scherzava*, eh?
Viva fantasy e noir, anzi speriamo che il prossimo caso di Lo Coco riguardi lo stupro di un unicorno.
E speriamo pure che ‘sto Lo Coco lo sparino sulla luna, così le metafore del mondo degli uomini si sprecano.
*Manchettianamente parlando, eh.
Di fantasy bello, in alcuni casi eccezionale, se ne trova ancora, non tra gli autori italiani, perlomeno che io sappia. Posso citare ad esempio gli straordinari romanzi di Jonathan Carroll, il sempre buono Neil Gaiman, ed ancora Juan Miguel Aguilera, o il nostrano Gianluigi Zuddas (per chi non se ne fosse accorto, nella collana Urania, I computer dell’apocalisse, un fantasy-noir allucinato, ovvero da non perdere, soprattutto per gli amanti del genere)… Su Pagliaro non mi posso esprimere. :-) Ci sono dei gialli interessanti, tipo Faletti: che a me piace, perlomeno sono storie ben scritte con dei guizzi di genialità. Poi ci sono tantissimi autori, o giallisti noiristi, che pretenderebbero di disegnare la società per mezzo delle loro storie: tentano di fare del giallo fotografia della società, spesse volte con risultati disastrosi, libri invalidi e sotto il profilo ludico e sotto quello impegnato-rivoluzionario.
Giusè, io non ti conosco, eppero’ ti stimo molto.
Pero’ Cristo Santo, Faletti no.
e no, non vale dovevate usare anche per lui il Cabaret Bisanzio Review Generator. ;)
:-) Dài, A, guarda che c’è di peggio in giro che non Faletti. Tra l’altro Dazieri insieme a Martani ha scritto per Faletti la sceneggiatura di “Cemento Armato”, che è poi anche un libro.
Perdonami, ma Faletti per me avrà sempre un posto nella fossa dei reietti. Mi fa sempre l’effetto del sanguinaccio, sento cantarne le lodi intorno a me e penso che dovrei assaggiarlo. Ma al momento fatidico mi si rivolta qualcosa nello stomaco.
Sì, è l’effetto pregiudizio. :-) Lo conosco un pochetto anch’io. Ero tentato di leggerlo coi miei occhi Faletti, però me lo ricordavo come Vito Catozzo, ed allora qualcosa nelle budella mi si scompigliava. Ma una volta che ho fatto il passo, bene, mi sono dovuto ricredere.
pregiudizo viscerale poi, il peggiore…non mangerò mai il sanguinaccio di Faletti.
Come critico non mi posso permettere il pregiudizio nei confronti di nessuno, nemmeno del mio peggior nemico. Forse tu, come lettore sì. :-)
caro giovanotto!
e allora, io, come editore, che assommo in me le funzioni di critico e di lettore, cosa dovrei dire? posso permettermi il lusso (perché di lusso si tratta) del pregiudizio? eh, che mi dice?
cordialmente,
cav. Stacchia
Faletti mi dice lei… Faletti!
Uno sbarbatello comico da quattro soldi che sbanca il botteghino grazie a critici prezzolati!
Ed io costretto a migrare in Ciad, abusato moralmente e fisicamente, pur di allontanarmi dallo scempio!
E vedere i miei libri ignorati, la mia bella persona utilizzata per fini poco chiari, il Cavaliere combattere battaglie impossibili FA MALE, mi creda (non quanto Tungu, ma fa male).
E’ forse tempo di ritirare le reti e vedere cosa si è raccolto: non la gloria… non il danaro… ma solo tanta amarezza!
Ma un giorno, le dico, la mia faccia la vedrà su tutti i muri! E se la ricorderà per bene! Ma sarà troppo tardi… e non permetterò a nessuno di salire sul carro del vincitore!
Scusate lo sfogo…
cordialmente,
Rossano Fiunda
Dev’essere probabilmente la prima volta che io e lo Stacchia siam d’accordo.
Che faccio, mi preoccupo?
Preoccupati. :-D
Però il bello dei libri è che sono liberi, d’esser letti o meno. ;-) E anche d’essere usati come corpi contundenti. :-D
“logorroici flussi di coscienza e irritanti introspezioni gratuite” eh? :)
a parte che io adoro i noir e magari se ne scrivessero di più di belli, poi trovo che i logorroici flussi di coscienza e le irritanti introspezioni gratuite siano una cosa fantastica :)P
a me piacciono e io ne scrivo a bizzeffe e credo che in questa brutta epoca in cui si paccia il se’ apparente per quello reale un poco di sana introspezione e di autocoscienza (pure maschile non vi farebbe male) anche irritante e gratuita non è poi così brutta. c’e’ quella brutta storia del pensiero unico che ogni flusso e ogni visione introspettiva aiuta ad allontanare e per me che sono fikuzza sicula c’e’ anche che il personale è il politico sono cose assai inscindibili (pubblico e privato ensemble of course :P).
trovo che la scrittura maschile si distacchi dal genere introspettivo più per una difficoltà a tradurre in parole scritte il proprio se’ contraddittorio e incoerente che non perchè trovi irritante la questione. o magari sono io troppo presuntuosa da pensare che a qualcuno possa mai interessare quello che ruota attorno all’epicentro del mio ombellico…
anyway io antonio lo sto leggendo (proprio lui no ma il libro si) e mi sta piacendo assaissimo. tanto che appena finisco – diomadonnaqueer dopo che finisce sta storia della manifestazione del 24 – ci faccio pure la mia recensioncina da femminella che sta adorando quello che antonio ha scritto soprattutto per la schiettezza con la quale parla di donne, di stupri, brutalità, senza intrugli e effetti speciali, con il linguaggio tranquillo da palermitano tranquillo che porge uno stupro o una tortura fisica così come potrebbe porgere un panino cca’ meusa. secco, schietto, verissimo e condivido. una storia sapientemente costruita che dimostra una cosa tra le tante, e questa la dico con amore verso la mia terra e la mia città e so che antonio capirà, dimostra cioè che il palermitano si sente il centro del mondo. antonio la sai quella storia vero? il gelato di palermo non è il più buono della sicilia ma è certamente il più buono del mondo :)))P
no. scherzi a parte. le connessioni sono credibili e credibile e la storia. e ora non mi raccontate la fine perchè me la voglio godere…
un saluto a voi e un saluto grandioso ad antonio
era si “spaccia” il se apparente
sorry
“dimostra cioè che il palermitano si sente il centro del mondo. antonio la sai quella storia vero? il gelato di palermo non è il più buono della sicilia ma è certamente il più buono del mondo”.
Ma non è così, il palermitano non si sente affatto il centro del mondo. E’ il mondo che ha scelto di avere il centro a Palermo.
E poi ancora con ‘sta storia del gelato. Per forza che a Palermo è più buono, è qui che è stato inventato: al baretto di Mondello.