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Caro romeno, caro romano (lettera dall’italiano medio e lettera all’italiano medio)
(disclaimer: se pensi DAVVERO che la maniera migliore per risolvere il problema dei rom in Italia sia prenderli a sprangate, ebbene, NON proseguire la lettura.)
E adesso, caro romeno, che farai?
Ci implorerai, vi prego-vi prego-vi prego, di non essere razzisti? Ah, ma oggi come oggi bisognerebbe chiamarsi Ghandi per non essere razzisti: non lo vedi come siamo messi? Nientemeno, non possiamo più uscire di casa tranquilli e tu vorresti farci credere che dovremmo mantenere la testa sulle spalle? Ma smettila: hai esaurito i crediti, caro romeno. Per noi siete tutti delinquenti, assassini, ladri di borsette e violentatori di donne: accampati in quelle baraccopoli; accattoni, romeni e molto spesso rom, nomadi, zingari, zigani, gitani che mandate in giro i vostri figli a rapinare nelle metropolitane. E pensare che sarebbe così facile: basterebbe bruciarvi tutti. Non vorrete mica chiedere a noi, figli di Roma e figli d’Italia, d’essere sereni nel giudizio? Non più: avete reso il buio della città nostra un luogo insicuro, avete violentato le nostre donne, le avete uccise e lanciate nei fossi insieme al letame e ai funghi marci e vorreste chiederci di darvi un’altra possibilità? Lasciate a noi la libertà di maltrattare le donne nostre: siamo sufficientemente bravi ad insultarle tutti i giorni e a limitarne ogni pretesa di carriera in nome di un legittimo maschilismo. Fatevi gli affari vostri. Pensate a rubare i borsellini, che per il falso in bilancio il talento è italiano.
Insomma, caro romeno, adesso che l’hai fatta grossa una volta di troppo – e sfiga t’ha detto che il marito della morta era pure uno piuttosto di conto – non chiederci di non fare di tutta l’erba un fascio. Lo facciamo eccome, il fascio: assassino tu, assassini tutti gli altri simili tuoi. Perché non spetta a noi, arrivati a questo punto, fare un passo indietro, ma a te. Spetta a te convincerci che stiamo sbagliando, spetta a quelli della gente tua venirci a dire no, guardate, non siamo tutti così. Ecco come ragioniamo noi e fattelo andare bene: di tutta l’erba facciamo un fascio e non ci rompere i coglioni. Vieni, romeno, vienici a convincere ma senza esagerare: dieci, quindici metri di distanza andranno più che bene. Hai visto mai…
Perché caro romeno, se vuoi sapere noi come la pensiamo, ebbene, dovresti avere l’eleganza di andartene. Non dire che non te lo puoi permettere, perché con Ryanair ti costa giusto il lavaggio di un vetro al semaforo. Vattene, caro romeno: prima che il corpo mezzo svestito di Giovanna nel fossato renda troppo chiaro il concetto che la colpa, qui, è tua quanto mia.
Essì caro romAno, che t’incazzi solo quando ci scappa il morto, pensi davvero di essere un bravo cristiano? Caro Romano – romano di nascita e Romano Prodi, inteso come rappresentante del Potere – spiegaci perché ci vuole un ispettore Raciti per cominciare a porsi delle domande? Perché ci vuole Carlo Giuliani per un giro di vite intorno alle forze dell’ordine? E spiegaci perché ci vuole Giovanna morta nel fossato per vedere la fila di volanti fuori del campo rom in questione, dopo che il campo rom in questione erano vent’anni che stava lì e tutti, nel quartiere, lo dicevano che prima o poi… Caro romano, che offri il meglio di te davanti al telegiornale della sera con la bocca sporca di maccheroni al sugo e pecorino e buon vino, e caro Romano, che politicamente strumentalizzi ogni barbarie, schifo mi fa questa vostra apologia dell’allarme.
Caro romano che t’indignavi per i massacrati monaci birmani, dove sei finito? Dove hai riposto le tue ridicole felpe rosse? I tuoi cappelli arancioni, le tue fotografie spedite a “la Repubblica” per pubblicizzare il blog o il tuo sorriso da aperitivo milanese; dove hai messo le tue catene online, le petizioni? Tutte dimenticate nel vano porta oggetti della tua Range Rover da 400 cavalli? Dove sei andato, coglione, vate dell’ipocrisia? Tu che ti ricordi che c’è un mondo al di là del tuo orticello, solo quando ti si guasta un pomodoro; tu, e tutti quelli come te che s’alzano solo quando lo stadio fa la ola, solo quando anche tutti gli altri s’alzano, dove sei andato? Dove siete andati a nascondervi? Tutti a posare i fiori sul capezzale di Tor di Quinto state?
Ma venite via, fateci bella figura una volta tanto! Tornate ai vostri centri commerciali; tornate ai vostri concessionari d’auto. Dove sarete tra una settimana, tanto? Dove finiranno le indefesse ronde di questi giorni, che sembra che dalle parti di Saxa Rubra, a Roma, sia esploso un pozzo petrolifero o spuntato un albero del pane, tanta è l’attenzione, la polizia, il brulicar di gente, e invece è solo un campo, il solito campo rom, quello che c’è da quando Roma è Roma e a cui a nessuno è mai fottuto niente; dove finiranno queste improvvisamente puntualissime forze dell’ordine? Dove finirà il cordoglio? Dove finiranno le parole di Veltroni e la durezza dei prefetti?
Voi siete gli arbre magique ipocriti di questa esistenza di plastica: profumate la merda, sperando che sia qualcun altro a tirare la catena e non standovi troppo a preoccupare – c’è la partita! – se quella merda, alla fine, nessuno la scarica e s’accumula, s’accumula, s’accumula.
Caro romeno, caro romano,
ma vaffanculo.
8.11.2007 11 Commenti Feed Stampa
11 Commenti
CommentaChe tristezza….
E’ di oggi la notizia che due giovani hanno distrutto la macchina del padre; quindi si sono recati al commissariato più vicino e hanno incolpato dei romeni. Così, casualmente. Non l’hanno fatta franca, per fortuna… Ad ogni modo a me sta piacendo come Prodi sta attivando i rapporti con il governo romeno: almeno sono FATTI, non parole. Poi spetterà anche alle amministrazioni e alle forze politiche delle singole città.
[Ste]
Io l’ho letto ieri “da te”.
La cosa migliore detta e scritta in questi giorni sull’argomento.
Bravo, frate’.
Grazie frate’ :-)
(tra l’altro ieri Blob, su rai tre, titolava una sua rubrica: “Romeno-Romano”….)
[Ste]
Non ho capito, non ho proprio capito.
E’ una qualche forma di parodia? E chi stareste prendendo in giro, per il cielo? Ve lo chiedo perchè non ho capito proprio, no, non ho capito.
Perché ecco, se non è parodia, io non so proprio che dire. Perché se non è parodia, io credo che mi sentirò male, sì mi sentirò male e mi vergognerò di voi e per voi.
Io non ho capito, non ho capito, potreste spiegarmi tutto, spiegarmi che state prendendo in giro qualcuno, spiegarmi che è una parodia. Vi prego.
Ciao Stefano, non mi è chiaro il senso del tuo post.
Una volta che hai mandato affanculo il romano e il romeno, chi e cosa resta?
@ Filippo Bologna: non resta nessuno. Che è proprio il senso dell’attuale fallimento, oserei dire, umano a cui s’è potuto assistere in questi giorni. Da una parte un nuovo sottoproletariato, creato dalle giungle metropolitane, che non ha nome, volto, casa e diritti. Oggi il mercato produce queste persone che hanno smesso di essere o non sono mai esistite. Persone che hanno superato per rabbia, emarginazione e disagio la soglia della convivenza civile. Persone accecate dalla fame e dalla disillusione, che oggi si nutrono di sola violenza. E questa è una conseguenza, ma anche un fallimento dello stesso popolo in questione, quello romeno; che da quando è entrato in Europa non ha apportato nulla, ma nulla NULLA in termini di cultura e/o produzione e/o lavoro.
I motivi per cui mando affanculo il “romano” sono ben chiari, sono davanti agli occhi di tutti noi, viventi nella capitale e non. In tutta questa vicenda io ho visto una orrenda miseria umana. In cui le colpe, appunto, stanno da una parte quanto dall’altra. Non c’è una morale dove c’è fallimento globale.
[Ste]
Questo post è davvero da incorniciare. Purtroppo.
Stefano, io non ho capito il tuo post. Ma ormai si sa che sono un po’ tardo e non sempre colgo l’ironia.
Mi sembra inutilmente cattivo (esiste una cattiveria necessaria nel mondo, ma non è il caso di questa che sfoggi tu, mi pare).
Parlare poi di “Persone accecate dalla fame e dalla disillusione, che oggi si nutrono di sola violenza” mi sembra proprio un’assurdità, se devo essere sincero.
Io mi sento spesso un po’ rumeno (giuro, non è una posa, anche se lo sembra), ma non violento.
Invece, a me sembra che tutto debba partire dal prendere atto della natura del citoplasma in cui sguazziamo: una roba che non produce scarti come risultato di un processo, ma come condizione necessaria e violenta per la sua stessa esistenza. Su queste cose ha scritto delle pagine molto interessanti Roberto Terrosi, uno studioso romano di cui presto pubblicherò su CB un saggio (per me)fondamentale. Eccone un assaggio: “Supponiamo che per gioco si dia a una persona il compito di costruire una griglia quadrata suddivisa a sua volta in quadrati con un certo numero di stecchini e che egli sia obbligato ad usarli tutti. Se gli si danno ad esempio venticinque stecchini, noi avremo messo questa persona di fronte a un compito insolubile; tuttavia, razionalmente, piuttosto di non fare alcuna griglia, sarà preferibile farla fin dove è possibile. Così invece di avere nove quadrati si avranno otto quadrati e un pentagono. Una figura dovrà essere abnorme, ma il resto avrà una configurazione ordinata. Una dinamica simile è quella del superomeostato descritto da Ross Ashby. Il superomeostato cerca a qualsiasi costo una configurazione stabile e se proprio non è possibile averla per tutti gli effettori, concentra l’eccedenza su uno di essi, riuscendo così a trovare, non l’equilibrio
perfetto, ma l’equilibrio migliore”.
Questo equilibro migliore è un equilibrio violento. Lo stesso che nelle nostre regioni meridionali delega l’uso della forza alle organizzazioni criminali. Non sono i rumeni violenti. Non sono i romani indifferenti. E’ l’equilibrio di questo mondo una porcata.
@Stefano.
Non credo che “Oggi il mercato produce queste persone che hanno smesso di essere o non sono mai esistite. Persone che hanno superato per rabbia, emarginazione e disagio la soglia della convivenza civile.”
L’ha sempre prodotte, gli emarginati sono sempre esistiti, per lo meno dai tempi di Dickens e dalla rivoluzione industriale (le condizioni di abbrutimento del sottoproletariato non erano certo diverse da quelle di oggi).
Ad essere cambiate non sono queste persone, è il modo in cui si muovono.
Le migrazioni, i flussi, avvengono a velocità inaudite, ingovernabili. Lo spazio viene azzerato, le distanze stravolte dalla comunicazione di uomini, merci e segni.
Tu dici che il popolo romeno no ha apportato nulla. Io dico che molti vengono a pulire il culo ai nostri vecchi e a lavorare nei cantieri che costruiscono case dove andranno a vivere i romani, come i milanesi, come i fiorentini.
Anch’io credo che l’entrata nella UE della Romania sia stata prematura. Le transizioni richiedono tempo e consapevolezza, l’italia dopo 50 anni di benessere è ancora un paese irrisolto, devastato dalle contraddizioni.
Ma il ragionamento nichilista che fai mi tu sembra una semplificazione totale.
Non cerco la morale nelle cose, non è l’apologo del romano e del rumeno, vorrei cercare di capire perché le cose accadono, cosa si potrebbe fare per migliorare questo mondo che come dice Nicolò è sempre più una porcata.
@ Nicolò,
intanto grazie per il contributo, che mi sembra arricchisca il tutto.
Volevo solo dirti che il mio post non è cattivo. Il mio post difende i romeni: la colpa non è loro, o non soltanto loro; la colpa è nostra, soprattutto, quando ci mettiamo lì a dire che questi “se ne devono andare”, “vanno cacciati tutti”, “sono tutti farabutti”. Non a caso il post si chiama lettera ALL’italiano medio e lettera DALL’italiano medio. Accuso l’italiano medio di pensarla come scrivo nella prima metà del post e mi rivolgo all’italiano medio, nella seconda metà del post, nella speranza di farlo rinsavire. Perché l’italiano medio è quello che, appunto, s’indigna solo quando ci scappa il morto, quello che fa la ola insieme agli altri e non propone mai lui l’applauso autonomamente.
Il mio post difende non i romeni (che restano la prima comunità straniera per crimini commessi in Italia. Ma è normale: sono anche la più numerosa) ma ciò che si sta facendo dei romeni in Italia.
Poi voglio dirti: sul saggio che hai proposto, io non so che dire. Non sono così intelligente: non ho manco capito niente di quella cosa dei quadrati e se mi avessero detto a me di fare quella cosa con i quadrati, sarei rimasto come un fesso a guardare il tavolo senza capirci un’acca. Non so nemmeno cosa sia un “superomeostato”, forse un termosifone a idrogeno? Non ne ho idea: cerco di esemplificare la vita il più possibile, di vedere le cose da un punto di vista più basso possibile, meglio se è quello del pavimento. E da questo punto di vista per me, le cose, stanno come le ho scritte: ci sono tre gruppi di persone, quelle che s’indignano solo quando ci scappa il morto, quelle che, come soluzione, dicono semplicemente ai romeni: “Se ne vadano!” e poi ci sono i romeni, anche loro non esenti da colpe.
Non c’è cattiveria in questo.
Non c’è cattiveria se io dico che non mi sento affatto, a differenza tua, un romeno. Quasi mai: ho una casa di proprietà che costa troppi soldi per sentirmi come un romeno. In più io non credo all’uguaglianza, non credo a John Lennon e non credo alle bandierine della pace. Credo a quello che vedo, a quello che mi circonda. Ci tenevo solo a dire che non c’è cattiveria: difendo i romeni. Ma senza retorica: perciò dico vaffanculo pure a loro, alla fine dei conti.
[Ste]